Alessandro Bertante / Come eravamo e come siamo diventati

Alessandro Bertante, Mordi e fuggi. Il romanzo delle BR, Baldini+Castoldi, pp. 208, euro 17,00 stampa, euro 9,99 epub

Se, come sono sempre stato convinto, porre domande è il fine della letteratura e non di fornire risposte, Mordi e fuggi di Alessandro Bertante segue esattamente questo principio. Del resto, sono abbastanza infastidito anche da coloro che chiedono a un autore “ma qual è il messaggio che volevi dare?” perché credo che sia una domanda anacronistica, uno scopo che non è della narrativa contemporanea.

La storia che ci narra l’autore, piemontese trapiantato da sempre a Milano, parte dal 1969 (l’anno in cui è nato), da un volantinaggio davanti a una fabbrica: simili iniziative in quegli anni ce ne saranno parecchie, anche davanti alle scuole o in banchetti improvvisati nelle strade e nelle piazze. Nonostante non abbia vissuto il periodo post-Sessantotto, periodo che ha inciso profondamente sulla società cambiando il modo di pensare e ogni tipo di rapporto lavorativo, familiare e interpersonale, Bertante riesce a creare realisticamente un ambiente che trabocca di voglia di cambiamento. Gli studenti e gli operai, con imponenti manifestazioni, avevano capito che solo unendosi avrebbero potuto essere il motore trasformativo di una società monolitica che si basava sulla conservazione e sulla difesa dei diritti della borghesia e dell’aristocrazia. Nacquero tantissimi gruppi a sinistra del PCI, che non veniva più considerato, assieme ai sindacati, il riferimento della classe operaia, e tra movimenti estremisti ed extraparlamentari di sinistra si era creata una competizione rappresentativa della voglia di rivoluzione che aleggiava.

Alberto Boscolo, un ventenne universitario nato da una famiglia agiata – il padre è un quadro all’Alfa Romeo –, non riesce a trovare una posizione stabile nei gruppi studenteschi inconcludenti e intessuti di teoria che frequenta. Innamorato di Anita, una studentessa di un anno più grande di lui, non riesce a mantenere il loro rapporto quando si stacca dal Movimento per cercare di placare la sua sete di azione. Lei non lo segue, anzi cerca di dissuaderlo ma Alberto sente il bisogno di cambiare, di far sentire all’opinione pubblica il suo disagio e la sua voglia di colpire i nemici del popolo. E così entra – dopo un percorso personale non privo di dubbi e l’attentato di Piazza Fontana che sfocerà nell’omicidio di Pinelli – nel nucleo fondante delle Brigate Rosse, pianificando con i suoi compagni azioni dimostrative che si spingono sempre più in là, fino ad abbracciare la lotta armata.

Con uno stile pulito e diretto, miscelando magistralmente realtà e fiction, l’autore riesce a ricreare gli stati d’animo dell’epoca, con un protagonista che vive drammaticamente, ma sempre con coerenza, quegli anni controversi della storia d’Italia. La sua scelta radicale lo costringe a un isolamento spesso doloroso, alla perdita di molti affetti, a decisioni non semplici, in un momento in cui sembrava che un vero cambiamento della società fosse a portata di mano. La storia si conclude nel 1972, con una serie di avvenimenti che non credo sia il caso di svelare per non far perdere al lettore il gusto della scoperta. Un romanzo di formazione e testimonianza, senz’altro utile a chi c’era e documento istruttivo per chi non c’era. Resoconto di anni che sono stati, sotto molto aspetti, formidabili. Un libro come questo spinge a riflettere su come eravamo e come siamo diventati: anni Settanta, politicamente, socialmente e solidalmente lontani eoni da oggi.