Aldo Nove / Dal dolore

Aldo Nove, Inabissarsi, il Saggiatore, pp. 222, euro 18,00 stampa, euro 6,99 epub

Di cosa è fatta la poesia, se non di quella materia che appare fra inspirazione ed espirazione, i due atti con cui il poeta lascia andare l’intera vita pur di tenere strette le parole alle cose corrispondenti. Poche parole, come per Emily Dickinson. Frastuoni di “accostamenti spietati” come per Ivano Fermini. Respiri “dettati” come per Milo De Angelis. Trappola alchemica come per Lorenzo Calogero. Le tortuose leggi del linguaggio, come per Amelia Rosselli, la più grande poetessa italiana del Novecento. Il respiro di sollievo di Amelia, dopo aver finito una poesia, da lei raccontato e da Aldo Nove messo in circolazione in Inabissarsi, quanto ha permesso al poeta di Viggiù di continuare l’atto del respiro, per sé e per noi tutti, dall’11 febbraio 1996 a oggi? Oggi è Inabissarsi, oggi sono queste 200 pagine lunghe 200 anni (e forse più), molto terrestri e molto esuli, pregne di così tanto dolore da sbriciolare le piccole storie individuali di chi voleva sfruttare il dietro le quinte della poesia. La storia di Nicola Crocetti lo testimonia da sempre, e Nove lo sa. Lo sa chi scrive. Che il bene comune è terreno. Ci lega alla vita, come la poesia, e si può tradire.

Aldo Nove, © fotografia di Dino Ignani che si ringrazia per la gentile concessione.

In queste settimane, dopo che Inabissarsi lo si è visto comparire sugli scaffali delle librerie (o forse no, dipende dal settore in cui è stato messo, quelli della poesia non esistono quasi più), la follia ha superato di gran lunga le infedeltà, il lugubre invasamento dei politici ostacola il respiro come l’onda d’urto di uno tsunami. Il presente irrespirabile invade quella lingua che sembrava l’unica realtà possibile, la realtà che Nove ha tentato strenuamente di spargere intorno a sé: cercando i poeti, trovandoli e conoscendoli, e facendo sì che (prima e dopo quell’11 febbraio 1996) ci venissero a trovare nelle nostre case, attraverso i libri e attraverso “Poesia”, la rivista di Crocetti. Perché devono essere i poeti a ricordarsi di noi, più del contrario. E in Inabissarsi, miracolosamente, questo accade. Antologia e biografia sono incarnati nel libro, come se un naturale “Galateo” paesistico, geologico, venisse a noi tramite un Andrea Zanzotto gentile. E l’umano si riabilita. Il respiro ha indulgenza delle profondità, ha resistito anche al morire di una civiltà visto attraverso i Sonetti del giorno di quarzo che non sono certo stati, per Nove, divagazioni dello scrivere.

Di cosa è fatta la poesia lo si comprende nella realtà piena di questo libro, dove la “coincidenza” fra poesia e vita s’inserisce a fuoco vivo nel cambiamento delle epoche, e nell’attuale tramonto di un Occidente devastato in cui non si sa più come vivere tanto ci si è consumati di smemoratezza. La memoria nelle pagine di Inabissarsi è data dalla testimonianza d’intere poesie trascritte, fortemente volute perché rappresentative di un limite raggiunto “una volta per sempre”. Nove affronta e sorpassa gli inganni della realtà, lo aiuta Zanzotto, lo aiuta Balestrini, entrambi ben consci di quanto il mondo le spari grosse. Viggiù, paese d’origine, per questo diventa il centro di estesissimi dintorni dove la poesia ha il suo campo, e i poeti più grandi iniziano a ricordarsi di noi, di chi sta altrove ma riesce a viaggiare nello stesso spazio. “Interminato”, se c’intendiamo sul suo significato. Conoscere senza processi logici è l’azzardo del bambino che sempre riesce. Non c’è economia, né calcolo. Raccogliere e rileggere le poesie, e dunque la vita, proviene da antiche spinte. Zanzotto – ricorda Nove – per opera di Scheiwiller pubblicò una scelta di versi giovanili: A che valse? Valse certamente, e ora sconfinatamente di più.