“Il titolo non mente”: così scrive, non senza una punta di malizia, l’autore messicano Alberto Chimal in apertura dei suoi 83 romanzi. In effetti, sono davvero 83 i romanzi che si possono leggere nelle circa novanta pagine successive – romanzi naturalmente modellati, come si sarà già capito, sulla forma del microrrelato, o comunque di una narrazione brevissima, contenuta in poche righe, che da “micro-racconto” (traduzione del termine spagnolo appena usato) assurge al prestigio del “micro-romanzo”. Un prestigio intimamente paradossale, perché mette sul piatto e al tempo stesso smaschera l’importanza della forma-romanzo nella sua convenzionale articolazione e dimensione fluviale. Sempre nell’introduzione, Chimal è molto più pungente, in merito: “Più di quattro romanzieri convenzionali farebbero bene a buttare nella spazzatura, tutti assieme, nove dei loro undici romanzi di 748 pagine; ma non osano”.
Chimal – evidentemente nauseato, come molti, dalla produzione narrativa più “commerciale”, se non “dozzinale” – afferma implicitamente di aver osato: ha tagliato, ridotto all’osso, contenuto ogni romanzo in poche frasi, non di rado soltanto una. La forma-romanzo non si perde, anzi si amplifica nell’eco delle pochissime parole utilizzate, aprendo le porte alle costruzioni e alle fantasticherie dei lettori nel modo più libero possibile (per quanto ovviamente vincolato ad alcuni “paletti” iniziali, posti dall’autore) per un romanzo. Come egli ancora puntualizza: “I mondi narrati sono minuscoli sulla pagina ma si dilatano nell’immaginazione”.
Detto questo, gli esiti sono anche molto diversi, come si può notare da un’arbitraria inclusione in questa recensione di due romanzi tra gli 83 inclusi da Chimal, dalla serie Spirituale. Spirituale 15, infatti, recita: “La Vergine dei Pazzi rivela dei segreti inutili, come il numero Pantone del colore del cielo in un giorno del 1825. O l’ora della tua morte”. Il romanzo Spirituale 7, invece, è questo: “Rinati nella morte, gli umani ricevono in sorte la vita del loro peggior nemico. O quella della loro zia più scocciante”. Mentre l’eco del primo può riverberare a lungo, generando trame romanzesche classicamente ottocentesche o, per converso, gelide meditazioni esistenziali, o morali, la seconda presenta una lieve deriva verso la facezia: gli 83 romanzi di Chimal oscillano, in effetti, tra questi due poli, guadagnando certamente in leggerezza, ma talvolta perdendo qualche potenzialità della forma scelta e, al tempo stesso, reinventata a favore di una non sempre riuscita agudeza.
La stessa presenza di sequenze numerate, ma presentate in ordine sparso, è uno degli elementi più significativi dell’opera: non soltanto Spirituale, ma anche Libri, Avventure e Moltitudini; anche in questo caso Chimal è il migliore critico di sé stesso, quando scrive nell’introduzione: “Le serie in corso sono abbozzi di diverse versioni di un mondo, o di molti mondi diversi ma vicini: ciò che conta è la mutazione”. Che all’autore interessi la mutazione sembra incontrovertibile: una mutazione soprattutto formale, che lo ha portato dalle prime traduzioni italiane (Gregge, Bibliofabbrica, 2007, il racconto “La perdita” nell’imperdibile volume a quattro mani con l’argentino Alberto Laiseca, illustrato da Nicolás Arispe, La madre e la morte/La perdita, Logos, 2016, e Nove, Arcoiris, 2017) a costruire una poetica sperimentale, certamente in linea con le ambizioni della neonata, e già preziosa, collana “glossa” di pièdimosca edizioni. Una collana per cui funziona bene un altro micro-testo di Chimal: “Libri d’acqua, versatili nella forma, incostanti, a volte torbidi. I più freddi pesano e feriscono, i più appassionati si elevano”.