Aimee Nezhukumatathil / Un mondo negli occhi di chi guarda

Aimee Nezhukumatathil, Un mondo di meraviglie. Elogio di lucciole, squali balena e altri prodigi, tr. di Federica Principi, ill. di Fumi Minu Nakamura, Nottetempo, pp. 208, euro 18,00 stampa, euro 12,49 epub

Non so se ci vuole coraggio, per ricordarci le meraviglie che ci circondano, o se semplicemente basta ricordarsi che siamo vivi e che finché siamo vivi tutto è possibile. Siamo circondati da una narrazione catastrofista e apocalittica. Che tende a far vedere solo gli orrori, che di certo non mancano e ci spaventano. Ci spaventano le guerre e la crudeltà che sappiamo essere parte di noi. Ci spaventano l’indifferenza con cui allontaniamo ciò che ci disturba e la quotidianità che ci si impone in qualunque condizione. Ci spaventa il cambiamento climatico, che si sta manifestando con alluvioni e siccità, temporali e cicloni, una furia della natura a cui nel nostro paese non eravamo abituati. Ci spaventa la natura, che avevamo creduto domata per sempre e che invece sembra volerci restituire tutto il disprezzo e la protervia con cui l’abbiamo trattata.

Eppure il mondo è ancora pieno di meraviglie. Le lucciole sono un prodigio, e se è vero che ce ne sono meno di una volta, ce ne sono ancora. Gli alberi di catalpa, alti fino a diciotto metri, stanno ancora lì a proteggerci dal solleone. Gli scriccioli dei cactus, uccellini di piccole dimensioni che non hanno bisogno di bere perché si idratano con la frutta e gli insetti che ingeriscono, svolazzando ancora nel deserto. Il narvalo si inabissa anche a millecinquecento metri di profondità e nasconde nel suo dente un sonar che è tra i più precisi del regno animale: è una specie in via di estinzione, ma non si è ancora estinto. E mentre alcune specie in effetti scompaiono, altre se ne scoprono. Il nostro sguardo può essere ancora pieno di stupore.

In questo libro molto bello, illustrato con delicatezza e leggerezza, Aimee Nezhukumatathil ci racconta come lei stessa, di fronte alle difficoltà della vita, a partire dall’infanzia, è ricorsa alle meraviglie della natura per trovare delle risposte, o semplicemente dei modi per affrontare le avversità della vita, aggirare gli ostacoli e ritrovare l’equilibrio. Poetessa di origini filippine e indiane, Nezhukumatathil ha vissuto in diversi posti in America, ha viaggiato e ha visitato i luoghi più diversi. Ha sperimentato le difficoltà di avere la pelle di un altro colore e di crescere tra ragazze diverse da lei. Ha vissuto lo smarrimento di cambiare casa, scuola, ambiente, clima, con una frequenza che non ha scelto né desiderato. E poi la maternità l’ha portata a dover decidere cosa dire e come essere di esempio ai propri figli, mulatti e girovaghi. In tutto questo, la sua guida sono stati gli studi e le conoscenze degli animali e delle piante – quelli che incontrava dal vivo, quelli che andava a scovare nelle sue ricerche.

Il suo sguardo sulla natura è limpido e gentile: non ci sono animali o piante brutti o cattivi, ognuno ha una sua dimensione e nel mondo c’è posto per tutti. Non solo, ogni essere vivente ci può insegnare qualcosa: la sua strategia di sopravvivenza può essere un trucco che possiamo applicare a un momento particolare della nostra vita. L’axolotl ci insegna a sorridere, persino di fronte alla scortesia. La sensitiva, o Mimosa pudica, ci aiuta a scrollarci di dosso le avances indesiderate. E anche senza scomodare ambiente esotici e animali suggestivi e particolari, basta guardarsi intorno in un prato o in un bosco, osservare l’attività incessante di formiche e insetti, gli scoiattoli che si arrampicano sugli alberi e gli uccelli che cinguettando si mandano messaggi; e anche le piante, in un linguaggio che neppure sappiamo percepire, si parlano, si avvisano dei pericoli, condividono le buone e le cattive notizie, si preparano ad affrontare le avversità e i cambiamenti.

Nello sguardo di Nezhukumatathil siamo tutti diversi e tutti sorprendenti. Siamo tutti parte di uno stesso orizzonte. Non siamo più soli, quando riusciamo a percepire che siamo uniti al resto del vivente. È uno sguardo che ha saputo conservare lo stupore dell’infanzia, quando tutto è nuovo e sconosciuto e interessante. Ma è anche lo sguardo dello studioso e dello scienziato: niente come la conoscenza riesce a stupirci continuamente, e stupendoci ci arricchisce e nello stesso tempo ci lascia intatti, pronti ad essere di nuovo sorpresi. Questo sguardo appartiene a tutti, tutti lo abbiamo sperimentato e lo conserviamo dentro di noi. Dobbiamo ritrovarlo, e poi allenarlo. Può diventare il nostro antidoto alla noia del quotidiano e allo sgomento di fronte alle prospettive incerte o alla mancanza di prospettive, la nostra arma contro le cattive notizie che cercano di avvelenarci le giornate. Forti del nostro ritrovato spirito di osservazione e della nostra capacità di empatia verso gli altri esseri viventi, saremo anche noi più pronti ad affrontare i cambiamenti e le sfide che la vita ci propone incessantemente. Saremo vivi e presenti, partecipi e attivi. E qualche volta anche felici.