Adrian Tomine / Riso amaro

Adrian Tomine, La solitudine del fumettista errante, tr. Vincenzo Filosa, Rizzoli, pp. 158, euro 19,00 stampa 

Gli scrittori noti consigliano spesso di scrivere di ciò che si conosce. La solitudine del fumettista errante concretizza perfettamente tale principio poiché altro non è che la vita di un fumettista, di Adrian Tomine nello specifico, impressa su carta.

Il formato tascabile della traduzione italiana è un quaderno in cui le scene sono diligentemente incorniciate su fogli a quadretti, mentre nella versione originale statunitense è un taccuino con elastico che potrebbe tranquillamente ricordare una Moleskine.

Tomine, giapponese di quarta generazione, è tra gli esponenti di spicco del fumetto autobiografico, ma è noto anche per le sue collaborazioni come illustratore per prestigiose riviste quali The New Yorker, Esquire, Rolling Stone, Details e Giant Robot.

Il viaggio a fumetti inizia a Fresno nel 1982, quando incontriamo Adrian ragazzino che viene bullizzato e deriso dai suoi compagni di scuola dopo aver dichiarato di aspirare a una carriera da fumettista famoso, per poi passare velocemente al 1995 a un Adrian con delle pubblicazioni e una carriera avviata. Giungono i primi riscontri, le prime stroncature e le presentazioni davanti a un pubblico di sedie vuote. Tomine – che nel fumetto è Tomain – affronta con umiltà i pettegolezzi e le invidie dei colleghi, continuando a pubblicare e trovando persino l’amore, mettendo su famiglia e proseguendo nel suo lavoro di illustratore per riviste importanti. Fino al 2018, data dell’ultima storia, più lunga delle precedenti e che conclude il volume con una scena di vita quotidiana decisamente comica ma assolutamente realistica.

Il punto di forza risiede proprio qui, nel saper gestire sul foglio la quotidianità, la vita reale, le scene di famiglia con le figlie e con la moglie, raccontate in modo semplice ed elegante, censurando i nomi di personalità riconoscibili senza ledere la nomea di nessuno, il tutto sottolineato da un bianco e nero schietto.

Il volume rappresenta e chiarisce in maniera totalizzante il complesso mondo dei fumettisti: ci si immagina che vivano una vita perfetta fatta di continui successi e riconoscimenti ma non è così. È un piccolo mondo antico in cui come in tutti gruppi di lavoro esistono ed emergono difficoltà, incomprensioni, delusioni e sconfitte. Un mondo paragonabile a quello dell’editoria, feroce e pieno zeppo di canaglie pronte a farti le scarpe per accaparrarsi un premio o siglare un contratto importante. Non basta essere bravi, talvolta occorre continuare dritti per la propria strada seguendo quel morso alla pancia che ti impone di proseguire nonostante i rifiuti ricevuti e le critiche negative.

Tomine riesce in maniera incredibile a parlare al lettore, a farlo sorridere di un sorriso amaro e al contempo a farlo riflettere su dettagli che mai avrebbe notato altrimenti. Le sue sono storie brevi come pillole ingerite come shot, ma che una volta giunte allo stomaco sono pronte a sprigionare una serie di sentimenti contrastanti. Speriamo di leggere ancora questo talentuoso illustratore oltre i confini statunitensi, e speriamo di ritrovarlo presto sugli scaffali di fumetterie e librerie italiane, ancora con la vena malinconica che lo contraddistingue.

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