Abraham Yehoshua era un uomo disponibilissimo e un impareggiabile conversatore. Scomparso nel 2022 dopo una lunga malattia, “Boolie” – com’era affettuosamente soprannominato – ci aveva di recente abituati alla scrittura di “novelle” (così le definiva lui stesso), dal forte valore allegorico: La figlia unica (traduzione di Alessandra Shomroni, Einaudi 2021) è dedicata al tema dell’identità, divisa misteriosamente in due mondi contrapposti e intrecciati. Con Il Terzo Tempio, libro postumo dell’autore ebraico, costruito secondo un’interessante polifonia teatrale, siamo di fronte a un’alta meditazione sulla pace, instancabilmente proposta da Yehoshua (e da David Grossman) come unica vera risoluzione al conflitto israelo-palestinese.
Esther Azoulay, trentott’anni, francese, “ghiòret, una convertita”, si reca presso il Tribunale rabbinico di Tel Aviv, nell’ufficio di Nissim Shoshani, per rendere pubblica la sua deposizione contro il maràn Eliahu Modiano, reo di aver mandato all’aria, con un tranello “spregevole”, il matrimonio con David Mashiah (cioè, sintomaticamente, “Messia”).
“Quando mi spiegò che la conversione di mia madre era discutibile, infatti, il rabbino Modiano disse che sarebbe stato meglio convertire anche me, per rafforzare o confermare il mio ebraismo. In caso, non sia mai, avessero deciso di annullare la conversione di mia madre”. L’atto proposto da Modiano – geloso dell’amore che stava germogliando tra Esther e David – non era dunque necessario. Essendo divenuta la donna appunto “una convertita” ed essendo la famiglia di David di origine sacerdotale, gravavano su quest’ultimo le irrevocabili “proibizioni matrimoniali, che gli vietano di sposare una donna divorziata o ripudiata, una prostituta o una convertita”.
Da tale situazione apparentemente senza sbocchi, Esther tenta di uscire con un suggerimento insolito ed eccezionalmente creativo: propone di costruire il Terzo Tempio profetizzato nel Libro di Ezechiele (“Il rabbino Modiano ha aggiunto altre minacce dicendo ai genitori di David che i loro nipoti non avrebbero potuto servire come sacerdoti quando verrà costruito il Terzo Tempio”) “fuori dalle mura della città vecchia”. E cioè: “Tra la Tomba di Assalonne e la valle della Geenna. Un Tempio che non interferisce né minaccia con la sua architettura nessun altro luogo santo. Seppur modesto, questo Tempio assumerà un ruolo drammatico e rivoluzionario”. Ed ecco che da una tormentata storia d’amore ci siamo simbolicamente spostati nel solco di una profezia benigna, benaugurante con significative aperture non soltanto nei rituali e con una fede incrollabile nella resurrezione dei morti. Quella di Esther è, innanzitutto, una proposta di pace e di armonica convivenza, in quel lembo di terra straziato dalla guerra. E, forse, c’è dell’altro: “La donna Sì, ma per me il cognome fu uno shock. Mashiah, cosa c’è di più grande di questo, non solo per noi ebrei, ma anche per i cristiani, il cui sangue scorre ancora nelle mie vene. il rabbino Con le debite differenze, non è lo stesso Messia! la donna Ma Gesù non è per nulla messianico? il rabbino In che senso? la donna Nel senso di chi è destinato a portare la salvezza ai credenti”.