Jean Lartéguy (1920-2011) è stato un ufficiale dei commandos prima nelle forze della Francia Libera durante la Seconda guerra mondiale, poi in Corea, in Indocina e in Algeria, in seguito passa al giornalismo come corrispondente di guerra per Paris Match coprendo l’America latina (dove incontra Che Guevara), la Palestina e il Vietnam. Nel corso degli anni ’60 diventa uno dei più prolifici e famosi autori francesi di narrativa bellica. Questi ormai ingiustamente dimenticati I Centurioni e I Pretoriani, sono i suoi due romanzi all’epoca più apprezzati, pubblicati rispettivamente nel 1960 e nel 1961, quasi in contemporanea con i fatti narrati. I centurioni è reperibile ancora su qualche bancarella nella vecchia edizione Garzanti del 1970, con il titolo cambiato in Né onore, né gloria e, pare, con qualche pagina tagliata – non si sa se per motivi di lunghezza o con intenzioni censoree – ripristinate ora nella nuova edizione integrale Mursia. Eppure si leggono entrambi sempre con grande piacere e divertimento: interessanti proprio perché rappresentano militarismo e maschilismo secondo categorie positive totalmente agli antipodi del politicamente corretto tanto in voga oggi. Uno sguardo diverso che incuriosisce e suscita emozioni contrastanti: un certo disgusto ma anche, innegabilmente, una certa attrazione.
Intendiamoci, Lartéguy non è un fascista, né un pétainista (sia lui che i suoi personaggi hanno fatto la guerra nella Resistenza), né tantomeno un razzista (indocinesi e algerini in quanto ottimi combattenti vengono considerati con rispetto): è un nazionalista francese che vede nelle truppe coloniali gli eredi delle legioni romane che formavano la linea di difesa dell’Impero contro l’invasione dei Barbari, il Vallo di Adriano moderno per lui passa per il Nord Africa. Nei due romanzi, cronologicamente consecutivi lungo un arco temporale che va dal 1954 al 1961, si narra la storia corale di un gruppo di ufficiali paracadutisti francesi: il colonnello Raspéguy, schietto uomo del popolo proveniente da una famiglia di contadini baschi e che ha fatto carriera dai ranghi; l’affascinante capitano Esclavier, il sofisticato capitano Boisfeuras, mezzo sangue indocinese, o il tenente Mahmoudi, algerino, la cui fedeltà sarà presto dilaniata fra l’arma e la patria, e molti altri, tutti efficacemente caratterizzati.
Seguiamo i personaggi partendo dalla sconfitta di Dien Bien Phu in Vietnam, con il conseguente internamento in un campo di prigionia Viet Minh, dove gli ufficiali hanno modo di riflettere sull’efficacia dei metodi di guerriglia e di reclutamento dei comunisti. Dopo il ritorno in Francia e la perdita dell’Indocina, li vediamo cercare una sorta di riscatto individuale e collettivo nel loro nuovo ingresso sul campo in Algeria: qui, tenendo presenti le strategie apprese dagli avversari, si trasformeranno in unità antiterroristiche disposte ad utilizzare ogni mezzo, lecito e illecito, anche la tortura e l’assassinio, per ottenere risultati. Se lo scopo è vincere, gli scrupoli morali sono solo questioni per borghesi. Vinceranno infatti la battaglia di Algeri ma la guerra sarà comunque persa e la Francia stessa, costretta a prendere le distanze almeno in teoria da un’immagine pubblica troppo negativa, esprimerà riprovazione e condanna nei loro confronti. Amaramente delusi dalla madrepatria questi legionari si considereranno allora Pretoriani ribelli all’Impero per difendere l’Impero e, con differenti gradi di convinzione e illusione, sosterranno il golpe che riporterà al potere Charles De Gaulle. Ma anche il generale li tradirà alla fine, trattando con il FLN e preferendo concedere l’indipendenza all’Algeria. A molti di loro non resterà ormai che la scelta tra la resa o l’illegalismo dell’attività terroristica nell’OAS.
Particolarmente significativa la descrizione oltre che dei soldati, eroici ma mai convenzionali, anche quella impietosa di una società frammentata e conflittuale che oppone su posizioni inconciliabili l’esercito, il governo, i cittadini continentali, gli arabi non necessariamente tutti allineati sulle posizioni del FLN e i pieds noirs, i proprietari terrieri francesi residenti in Algeria. Ispirato al primo romanzo esiste anche un discreto film del 1966 di produzione statunitense, Lost Command, diretto da Mark Robson e interpretato da Alain Delon, Maurice Ronet, Claudia Cardinale, Michèle Morgan e Anthony Quinn e sceneggiato dallo stesso Lartéguy: lo rovina un certo schematismo un po’ ipocrita che rappresenta Esclavier (Delon) – stravolgendo completamente i protagonisti del romanzo – come il soldato buono che si oppone alla tortura e alle rappresaglie, mentre Boisfeuras (Ronet) diventa il soldato cinico e spietato che non si ferma di fronte a nulla, e il comandante Raspéguy (Quinn), decisamente macchiettistico, cede al compromesso per necessità di riscatto sociale e per sposare la bella vedova (Morgan) di un suo aristocratico collega (anche tutto questo non c’è nel libro). Probabilmente Lartéguy, che firma comunque la sceneggiatura, ha dovuto cedere alle esigenze commerciali e buoniste hollywoodiane che non giovano certo alla credibilità storica e al realismo dei fatti e dei personaggi.
In modo totale i due romanzi e solo in parte l’indecisa trasposizione cinematografica, costituiscono comunque il contraltare de La Battaglia di Algeri, l’epico film di Gillo Pontecorvo. Al comunismo militante del regista italiano si contrappone l’occidentalismo viscerale e patriottico dello scrittore francese. L’epopea della decolonizzazione viene descritta e rappresentata in termini esattamente ribaltati. Utile e istruttivo il confronto.
n.b. Decisamente più convincenti di Lost Command (in italiano Nè onore, nè gloria), due film francesi sulla guerra in Indocina. Entrambi scritti e diretti dal regista francese Pierre Schoendoerffer (1928-2012), ex operatore di guerra che partecipò ai combattimenti venendo catturato dai Viet Minh. Si tratta di Dien Bien Phu (1992) opera che non concede spazio a effetti speciali sensazionalistici o a facili sentimentalismi e l’ancor più crudo ed efficace 317° battaglione d’assalto (317eme section) del 1965.
Jean Lartéguy, I centurioni, Mursia, pp.526, euro 22,00 stampa
Jean Lartéguy, I pretoriani, Mursia, pp.394, euro 19,00 stampa