Il panorama editoriale della fantascienza italiana è oggi composto da una costellazione di piccoli editori che portano avanti progetti spesso di grande qualità. Questa coraggiosa passione si declina con l’utilizzo delle nuove possibilità editoriali che consentono di vivere in un mercato per lo più aggressivo e difficile. Grazie all’e-book e alla stampa on demand, la fantascienza italiana sta vivendo una stagione felice per quantità di libri disponibili; libri, in alcuni casi, anche di grande qualità. È il caso di Future Fiction, che, assieme a molti autori stranieri provenienti da tutto il mondo, propone con grande attenzione alcuni italiani. Tra questi spicca l’antologia La consistenza delle idee di Clelia Farris, autrice della Sardegna, una delle voci più interessanti della fantascienza contemporanea e autrice di alcuni romanzi (Rupes recta, 2015; La pesatura dell’anima, 2014; Nessun uomo è mio fratello, 2009). In questi sette racconti possiamo intraprendere un raffinato viaggio all’interno di registri narrativi molto diversi tra loro, dalla fantascienza postuma alla riscrittura del racconto fantastico.
«Nemico Segreto», il racconto che apre la raccolta, è una raffinata versione fantascientifica di molti temi classici del racconto fantastico, dal doppio al mondo oltre lo specchio, dall’estetismo fino alla relazione sadomaso. La storia si svela parola dopo parola, con una sua giusta lentezza, per lasciare al lettore l’intuizione di un rapporto molto complesso per giungere a dichiarare un’inquietante realtà. «Chirurgia creativa», invece, è un racconto che secondo me rimanda a quel continuo contrapporsi tra leggerezza e peso che ci ha lasciato Italo Calvino. Da un lato Clelia Farris riesce a descrivere con quella precisione assoluta e neutra che è tipica del linguaggio della medicina, spaziando tra tecnica, bioingegneria e anatomia, esternando «la concretezza delle cose, dei corpi, delle sensazioni»; dall’altro troviamo una sottile tessitura di rapporti umani e affetti che si sviluppa in un linguaggio senza peso, «che aleggia sopra le cose come una nube». L’ho trovato un racconto di rara bellezza, che accetta le contraddizioni dell’umano nella nostra epoca e riesce a scrivere una poesia fantascientifica; cosa rara nella fantascienza italiana, genere in cui questi due poli sono spesso squilibrati, con autori che s’accontentano di avere azzeccato un’ambientazione, ma tralasciano il grande mondo delle nuove emozioni.
Calvino, riflettendo sulla propria scrittura nelle Lezioni americane, ammette di avere cercato di togliere il peso (alle persone, ai corpi celesti e alle città), e questo meccanismo ritrovo in «Chirurgia creativa» che, dato l’argomento quantomai pesante, riesce a comunicare una ri-declinazione dei sentimenti comuni all’interno di una nuova corporeità. Clelia Farris accetta, inoltre, la nostra identità globale, il nostro essere mondo dovunque ci troviamo attraverso una condivisione di identità profondamente tecnologiche che non dimenticano l’umano. Ma queste contraddizioni del locale e del mondiale, del tecnologico e dell’umano, del singolo e del multiplo, sono affrontate consapevolmente e con spirito critico.
La stessa Sardegna, luogo dell’immaginario più tradizionale, entra negli altri racconti dell’antologia come sfondo della fantascienza più dura e della ridefinizione dei rapporti umani imposti dal progresso. Un mescolarsi di mitologia e tecnologie avanzate riesce a creare un effetto di straniamento molto efficace, quel rapporto dialettico tra nuovo e sempre uguale che è alla base dell’estetica di Walter Benjamin e di George Simmel, e che poi è anche il motore interiore della fantascienza.