Dave Gibbons, Mike Mignola, Peter Milligan e Paul Johnson, Aliens: Salvezza e Sacrificio, tr. Giorgio Saccani e Stefano Menchetti, Saldapress, pp. 110, €20,90 stampa
recensisce DAVIDE CARNEVALE
Tra le saghe cinematografiche che hanno dato vita a un universo narrativo transmediale, composto cioè da opere appartenenti a un vasto ed eterogeneo ventaglio di forme espressive (videogiochi, fumetti, romanzi, serie televisive, ecc.), che arricchiscono l’esperienza originale offerta dai film con approfondimenti sui personaggi e sottotrame indispensabili alla piena comprensione della vicenda, o persino con vere e proprie prosecuzioni della storia principale, quella di Alien, inaugurata nel 1979 dall’omonima pellicola del regista Ridley Scott, è certamente una delle più feconde, seconda solo – più per quantità che per qualità, a dire il vero – a quella di Star Wars, divenuta sempre più nel tempo un grande contenitore di prodotti d’evasione.
Un importante punto di riferimento per lo zoccolo duro di appassionati di fantascienza e, nello specifico, delle vicende che ruotano attorno alla figura degli xenomorfi, i letali alieni partoriti dalla mente geniale e contorta dell’artista svizzero Hans Ruedi Giger, è rappresentato dalla casa editrice Saldapress. Essa è ammirevole per l’impegno che già da qualche anno sta dimostrando nel portare in Italia l’intera produzione fumettistica ascrivibile al cosiddetto Aliens Universe, sia riproponendo vecchie storie da tempo introvabili, sia pubblicando per la prima volta opere più recenti, lavori che spesso si rivelano essere di gran lunga più ispirati e validi, dal punto di vista di trama e realizzazione, rispetto a quanto abbiamo visto proiettato negli ultimi tempi sul grande schermo (confermando per l’ennesima volta, se mai ce ne fosse ancora bisogno, la piena dignità del linguaggio fumettistico come forma narrativa).
Un perfetto esempio di ciò, oltre che della bontà del lavoro svolto da Saldapress è il volume Aliens: Salvezza e Sacrificio, uscito in questi mesi, sorprendente sotto diversi punti di vista, a cominciare dagli autori che firmano le due storie brevi (uscite originariamente nel 1993) da cui è formato, in particolar modo nel caso della prima, Salvation, che vede alla sceneggiatura un mostro sacro come Dave Gibbons (tra le tante cose co-creatore e disegnatore di Watchmen) e alle matite Mike Mignola, uno dei più talentuosi e originali protagonisti del panorama fumettistico attuale, autore di quella riuscita commistione di atmosfere gotiche, esoterismo e azione supereroistica che è Hellboy. Ed ecco la prima sorpresa: Sacrifice, la seconda storia scritta da Peter Milligan (valido sceneggiatore tanto nei ranghi della DC che dell’eterna rivale Marvel) e disegnata da Paul Johnson (altro veterano di entrambi gli schieramenti, autore di alcune delle più belle pagine di The Book of Magic di Neil Gaiman), si dimostra di gran lunga più interessante di quella che apre il volume, nonostante la minor risonanza dei nomi coinvolti.
Il lavoro della coppia Gibbons/Mignola, infatti, per quanto valido sia dal punto di vista narrativo che da quello artistico, con tavole di rara potenza visiva, capaci di trasmettere sin da subito al lettore un senso di angosciosa inquietudine, appare per molti versi troppo legato al modello cinematografico, oltre che agli stilemi tradizionali del fumetto americano di quegli anni, che di lì a poco lo stesso Mignola avrebbe stravolto con la serie Hellboy. Dopo un breve incipit che sembra fare l’occhiolino al Robinson Crusoe, con il naufragio degli unici due superstiti dell’equipaggio di un cargo mercantile sulla sola isola di un pianeta per il resto ricoperto d’acqua, il racconto è infatti ricondotto a schemi più convenzionali e vicini all’immaginario classico della saga, con combattimenti all’ultimo sangue tra gli ultimi esponenti di un’umanità alla deriva e i crudeli predatori venuti dallo spazio, segreti custoditi da subdoli androidi al soldo di multinazionali senza scrupoli e carneficine senza fine, elementi familiari all’appassionato, tenuti insieme qui da una smaccata componente erotica, questa sì originale, essendo quasi del tutto assente su pellicola (benché parte dell’allusività che sottende l’opera di Giger sia ancora rintracciabile nei primi film), e da una forte tematica religiosa, vero e proprio fil rouge che lega le due storie del volume.
In entrambe i protagonisti sono infatti, seppur in maniera differente, ferventi uomini di fede, chiamati a riconsiderare il proprio rapporto col divino in una realtà in cui creature diaboliche come gli xenomorfi sono «create» – e chi conosce bene la saga sa quanto sia appropriato questo verbo – con l’unico scopo di sterminare ogni forma di vita. Queste riflessioni assumono maggiore profondità e rilevanza all’interno della trama proprio nel fumetto di Milligan e Johnson, che, come si è accennato, appare di gran lunga più innovativo e interessante, soprattutto per le illustrazioni dell’artista britannico, autentiche tavole pittoriche che – sacrificando in parte il dinamismo dell’immagine sull’altare della suggestività – immergono il lettore attraverso la ricercata architettura della pagina nell’angosciosa quotidianità di un piccolo insediamento umano perseguitato da uno dei micidiali alieni. La narrazione, più matura e libera dai cliché di cui si è parlato, mostra da una prospettiva più intimista l’implacabile scontro tra uomo e xenomorfo, ricordandoci il motivo per cui quest’ultimo, figura di una mitologia contemporanea costruita attorno a opere di intrattenimento che rimbalzano senza sosta tra cinema, fumetto e letteratura, continua ad affascinarci con il suo cospicuo carico metaforico dopo quasi quarant’anni dall’uscita del primo film di Scott.
Nel passaggio dal fotogramma alla vignetta il mostro di Giger conserva tutta la sua inquietante inintelligibilità – efficacemente rappresentata, in Sacrifice, dall’imperscrutabile «volto» senza occhi della creatura – con la quale siamo chiamati a confrontarci, armati unicamente, come i protagonisti delle due brevi storie proposte da Saldapress, di fragilità e incertezze, in una discesa agli inferi che ci pone davanti al concretarsi della forma più atavica della paura, quella dell’alterità.