Jean Delumeau, La paura in Occidente. Storia della paura in età moderna, tr. Paolo Traniello, Il Saggiatore, pp. 615, euro 29,00 stampa, euro 13,99 ebook
recensisce MARTINA DI FEBO
Pubblicato in Francia nel 1978 e tradotto in italiano nel 1979 (per i tipi della SEI edizioni), La paura in Occidente costituisce un pilastro dell’ermeneutica storica dell’età moderna. Il titolo originale, correttamente conservato nell’edizione italiana del 1979, La paura in Occidente. La città assediata, rinvia esplicitamente alla dimensione storico-psicologica dell’assedio, del timore dell’accerchiamento ad opera di nemici artatamente costruiti e ideologicamente connotati.
Dopo gli studi pioneristici di Marc Bloch e Lucien Febvre, fondatori della rivista nel 1929 Annales d’histoire économique et sociale, la ricerca storica ha innovato i propri metodi, recuperando una storia del materiale e dell’immaginario che la trattatistica tradizionale, fortemente ancorata alla ricostruzione di eventi e di avvenimenti, aveva misconosciuto. L’opera di Delumeau si iscrive all’interno del medesimo filone e, per ammissione del suo stesso autore, si propone di colmare una prolungata lacuna, indagando il fenomeno della paura come fenomeno collettivo.
Nell’introduzione lo studioso delimita in maniera chiara e precisa quale sia il campo d’indagine: l’Occidente europeo nel periodo compreso tra il 1348 e il 1800. Entrambe costituiscono due date-cardine, coincidendo la prima con l’epidemia della Grande peste che decimò la popolazione europea, la seconda con lo stravolgimento degli assetti dell’Antico Regime causato dalla Rivoluzione francese. In mezzo quattro secoli contrassegnati dalle rivolte contadine (Jacqueries), dalla Riforma luterana, dalla Controriforma cattolica, dalla caccia alle streghe, da guerre endemiche e da carestie.
All’interno di questo quadro storico così travagliato, l’indagine di Delumeau ha il pregio di restituire voce alla mentalità e alle ossessioni di un’umanità concreta e contemporaneamente di evidenziare alcune costanti antropologiche legate alla paura e alla sua gestione. L’aspetto decisamente più innovativo dello studio di Delumeau risiede appunto nell’analisi della sfera collettiva della paura; essa diviene in altri termini la chiave di volta in grado di illuminare i meccanismi della psicologia dei gruppi.
Il sentimento umano della paura, che segnala a livello individuale l’incombere di una minaccia e che sempre in ambito soggettivo si esplicita in modalità differenti, assurge a livello collettivo a collante ideologico identitario, generando comportamenti sociali nella maggior parte dei casi segnati da aggressività irrazionale. In anticipo sulle riflessioni di René Girard sul capro espiatorio (Le bouc-émissaire, 1982), Delumeau mette a fuoco il meccanismo regolatore dei comportamenti comunitari dettati dal panico, evidenziando le direttrici su cui si innestano i discorsi sulla paura: da un lato una tensione metafisica che alimenta il terrore per i destini delle anime nell’Aldilà; dall’altro il senso di insicurezza nella quotidianità che alimenta la ricerca di responsabili da punire al fine di ristabilire l’equilibrio e le certezze di gruppi sociali in crisi. La paura per l’Inferno e per le pene eterne si intensifica in Europa a partire dai secoli XII-XIII, quando i capitelli e i bassorilievi romanici e i grandi affreschi dedicati ai Giudizi universali animano con plastica vivacità i tormenti oltremondani. Contemporaneamente si acuisce il senso di assedio e di accerchiamento scatenato dalla diffusa presenza di perniciosi agenti del Maligno: gli eretici; gli ebrei; gli infedeli; la donna. Le prediche pubbliche e l’azione repressiva condotta dalle gerarchie ecclesiastiche, e soprattutto laiche, si innestano dunque su un clima di terrore diffuso e in un certo senso lo indirizzano e lo governano.
Nei secoli esaminati da Delumeau, l’immaginario collettivo si nutre di fantasmi e di mostri comuni alle popolazioni europee e ai loro governanti: si tratta cioè di una dimensione condivisa che non permette di interpretare i comportamenti delle élite soltanto come costruzione cosciente di discorsi manipolatori. A questo proposito è altamente illuminante leggere la pagine dedicate alla caccia alla streghe, nelle quali lo studioso dimostra come la reazione psicotica dinanzi alla stregoneria fosse prerogativa delle regioni riformate tanto quanto della Spagna della Grande Inquisizione. Determinati fenomeni repressivi acquisiscono quindi una portata epocale proprio in virtù della sinergia culturale tra ceti dominanti e ceti subalterni.
I pregi del saggio di Delumeau superano nondimeno l’ambito della storia moderna, poiché attraverso la minuziosa disamina dell’insorgenza e dell’esplosione di un panico collettivo, lo studioso enuclea alcune costanti che ancora oggi regolano la psicologia della folla nei momenti di crisi.