Donato Andreucci, Nel Blue, Italic, pp. 148, euro 16,00 stampa
Donato Andreucci, sessantasettenne di Osimo, è al suo terzo romanzo. Come nei suoi precedenti, sempre pubblicati da Italic, e come altri autori marchigiani, ha scelto per palcoscenico della sua storia la provincia: il motivo di questo luogo d’elezione comune va forse ricercato nel fatto che le Marche sono un susseguirsi di piccoli centri, di città di dimensioni ridotte (Ancona, capoluogo di regione e città più popolosa, conta poco più di 100.000 abitanti) caratterizzati da una mentalità molto provinciale.
È questa eterna provincia, con i suoi personaggi e i comportamenti spiati dai vicini di casa, con una solidarietà mai troppo disinteressata, con il tempo che scorre più lentamente rispetto alle metropoli, con i pettegolezzi sulla bocca di tutti, a essere un osservatorio ideale. Come lente di ingrandimento, Andreucci usa un bar al centro di una piccola cittadina, il Blue, che nasce sulle ceneri di una serie di locali che hanno chiuso i battenti nel corso degli anni. Lì si incontrano quotidianamente i due protagonisti, Celestino, orologiaio sessantenne con l’hobby della fotografia e Leonardo, alle soglie dei settanta, ex giornalista in pensione. Tra una birra e un gin tonic, la loro attenzione si rivolge ai ragazzi più giovani. Non nascondono il loro interesse, non camuffano le loro voglie: si rendono conto che l’avanzare dell’età concede e concederà loro sempre meno occasioni ma non si arrendono, anche a costo di coprirsi, agli occhi degli altri, di ridicolo.
Celestino e Leonardo sembrano voler ribadire a se stessi, più che agli altri, che finché c’è vita l’amore, la passione, il desiderio e le pulsioni non invecchiano, tanto che Celestino, a un certo punto, parte per l’Olanda seguendo il suo ennesimo amore, un giovane musicista. È la musica, insieme a citazioni letterarie mai usate a sproposito o con ostentazione, uno dei fili conduttori del testo: ogni breve capitolo, simile a un’istantanea, ha il titolo di una canzone, il cui testo sarà citato nella narrazione. Una playlist che dagli anni quaranta ci porta fino a oggi, che passa dal rock alla canzone d’autore, dal pop alla musica leggera, e insieme ai flashback dei protagonisti, riporterà il lettore a momenti storici diversi.
Celestino, il più istintivo tra i due amici, vive col rammarico di non essere il figlio che il padre avrebbe voluto, e per questo pensa di non essere amato: quando il padre muore, proprio nel modo in cui lui gli aveva augurato, il senso di colpa lo assale e si confida con Leonardo. Ma nonostante non condividesse il comportamento del figlio omosessuale, suo padre lo amava come ogni padre ama il proprio figlio.
Ci sono tanti personaggi nel romanzo che rincorrono la felicità, come Anita, una ragazza del posto che si innamora di Asad, un giovane eritreo, di cui rimarrà incinta convinta di aver trovato finalmente l’amore. Ma Asad se ne va, e quando Celestino, senza mezzi termini, le chiede perché voglia tenere il bambino, lei non trova di meglio di rispondergli che chiamerà il figlio come il padre. Tutti ricercano la felicità, e quando sembra a portata di mano lei riparte senza essersi fermata a lungo, come dice una canzone di Lucio Dalla citata dall’autore.
Nel Blue racconta la storia di un paese, la sua graduale e costante globalizzazione che lo rende multietnico, i sentimenti che animano i frequentatori del bar, donne e uomini alle prese con i propri problemi e i propri sentimenti, soli o con persone che non amano o non le amano, con uno stile essenziale e con un lavoro di sottrazione evidente. E il finale, con Leonardo che dopo la partenza di Celestino resta in balia dei ricordi, con un unico amico, e vittima di malattie che ne minano l’autonomia non è comunque senza speranza, ma ha sapore agro con un forte e persistente retrogusto dolce. Perché la vita, in ogni caso, va vissuta.