Nel labirinto degli Appalachi

Chris Offutt, Country Dark, tr. Roberto Serrai, minimum fax, pp. 235, euro 18,00 stampa, euro 9,99 e-book

L’esordio in Italia di Offutt, la raccolta di racconti Nelle terre di nessuno, è stato folgorante. Lo scrittore del Kentucky possiede uno stile inconfondibile, che oscilla tra liricismo elegiaco e cruda ferocia senza compromessi. Un vero figlio del Sud, insomma.

Degli Appalachi, nello specifico—una delle regioni più dimenticate e leggendarie d’America, nonché una delle più pericolose, come sapranno tutti i lettori o gli spettatori scioccati dalla coppia di classici ormai canonizzati della narrativa/cinematografia regionalistica: Dove porta il fiume/Un tranquillo weekend di paura, opere che hanno fortemente contribuito alla mitologia dell’hillbilly degenerato e sadico. Gli Appalachi sono anche una fucina di scrittori (Cormac McCarthy in primis) nei quali realismo sociale, natura e violenza partecipano nel tramandare un canone dai toni cupamente epici.

Country Dark prosegue la mitopoiesi montanara inaugurata da Nelle terre di nessuno, raccontando questa volta la storia di Tucker, reduce della Guerra di Corea che si ritrova a contrabbandare alcolici per mantenere la sfortunata famiglia che si è creato. Abbandonati i seppur scarsi elementi di gusto magico-realista dell’opera precedente, Offutt crea questa volta una storia asciutta e incisiva che certo sarebbe piaciuta a James Dickey (anche lui reduce della guerra più dimenticata della storia americana).

Gli elementi del gotico appalachiano ci sono tutti: moonshine, deformità grottesche, baracche nascoste nei boschi e coltelli affilati. Come già Brian Panowich in Bull Mountain, l’autore ci porta all’interno di questa società primitiva e ingovernabile, fatta di uomini che evitano volentieri di parlare se possono delegare una carabina Winchester, e disposti a tutto pur di difendere la propria terra. Il Kentucky edenico che il leggendario pioniere Daniel Boone definì «un secondo paradiso» viene rovesciato da Offutt in un oscuro labirinto silvano nel quale Tucker si muove con l’abilità di una bestia selvatica e con altrettanta ferina implacabilità.

Country Dark dimostra come l’Appalachia, nonostante la normalizzazione inevitabile di un’America sempre più connessa e sempre meno selvaggia, proietti ancora all’esterno l’immagine umbratile di un milieu irriducibile al canone trionfalistico di molta narrativa “di frontiera”, insistendo piuttosto sulla cronica devianza tribale di quella che Henry D. Shapiro definì terra incognita. Non si può che gioire della riscoperta di un autore come Chris Offutt—una voce autenticamente statunitense dedicata a riportare alla luce l’ipogeo oscuro e inquietante sepolto sotto lo scintillio della retorica dominante. Un ritratto lucido e spietato di quello che è forse l’ultimo “ventre” della cultura americana.

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