Anna Folli, MoranteMoravia (una storia d’amore), Neri Pozza, pp. 320, €18,00 stampa €9,99 eBook
recensisce ELIO GRASSO
Tempi in cui la presenza degli scrittori, di alcuni scrittori, era fortemente incrociata con le cronache elitarie e popolari in un comune compiacimento. Celluloide, cinegiornali, nuove riviste letterarie, settimanali “femminili”, al pari di Tempo, Epoca, L’Europeo, L’Espresso, senza dimenticare l’intrepido ABC, pubblicavano servizi e fotografie con rara efficacia. Roma e il suo litorale svelavano retroscena, scoop, fatti e fatterelli come noccioline. Alberto Moravia, Elsa Morante (con la corte di amici vicini e bastian contrari) facevano ticchettare le loro macchine da scrivere o scorrere il pennino della stilografica su ampi quaderni. Dopo tanti affanni e passioni le opere si chiamavano: Racconti romani, La noia, Menzogna e sortilegio, L’isola di Arturo.
Nel privato le storie erano tormentate, chi ne era a conoscenza stava dentro quel mondo poetico e carnale, faceva la fame o veniva invitato a ristorarsi in celebri trattorie di Trastevere e dintorni (l’Arbasino, punzecchiando: “giacche chiare e foularini al collo”). Si era prolifici e avidi di conversazioni pomeridiane nella celebrata luminosità dei colli e del litorale di Sabaudia. Pasolini benediva qualunque cosa col suo tocco penetrante quanto magico, le fughe o le vacanze volevano dire Capri (prima dell’esplosione mondana e turistica), l’isola di Raffaele La Capria, grande innamorato della coppia MoranteMoravia (un sol nome per due creature diversissime), con in vista la selvaggia Procida.
Moravia & Morante, a prima vista non si può dire granché simpatici, amanti di dissapori e espressioni taglienti, spesso di inevitabile precisione. Amanti fra loro e per sé, persino sposi, avventure al limite della sopravvivenza al tempo della guerra, l’anima ebrea incombente durante gli anni carichi di fascismo e anneriti dal nazismo. Una storia che andava raccontata nell’intrico e nell’abbondanza dei fatti, non tralasciando la trafila sentimental-passionale di cui era portatrice la coppia, capace di calamitare una folla di personaggi altrettanto saturi di esperienze e fede letteraria.
Anna Folli è riuscita nell’intento di comporre un affresco, ricchissimo di particolari e testimonianze, a partire da quel giorno di ottant’anni fa in cui nella “Birreria Dreher” (esiste ancora ma oggi si chiama “Birreria Peroni”) in Piazza Santi Apostoli Alberto ed Elsa s’incontrano, presentati da Giuseppe Capogrossi. Letture, pittura, abiti indossati, sguardi assassini, eleganze e fumi d’epoca sono tutti lì, un groviglio di sentimenti per lei e un interesse lucido e attrazione fulminea per Moravia. Elsa non ha dubbi, con gesto veloce gli mette in mano le chiavi di casa sua.
Un destino seguito con puntigliosità da Anna Folli, e sincera partecipazione, lungo decenni di una fecondità impressionante. Buona parte della grande letteratura italiana del Novecento passa di qui, fatta di discordie e amplessi, morti per consunzioni e disperazione, pericoli bellici e pericoli d’ossessione: la prolificità (soprattutto di Moravia) abbraccia quanti possedevano voce e intelligenza potenti, anche troppo. Ricordiamo che molte recensioni giornalistiche avevano come soggetto Visconti, Fellini, Flaiano, Pasolini, Ginzburg, e fra gli invitati a cene e raduni non mancavano i mirabolanti Gassmann, Adriana Asti, Laura Betti, Carlo Cecchi. Si dia un’occhiata all’indice dei nomi, alle preziose testimonianze di Dacia Maraini e Daniele Morante (nipote di Elsa) posti meritoriamente al termine del libro.
Oggi queste storie sembrano appartenere a un mondo ossessivo e farmacologico, dove razionalità e incanto guidano le giornate, e dove “la letteratura come vita uccide ancora”, direbbe Pasolini. Ma è la verità tutta la verità.