Lorenzo Mattotti, Claudio Piersanti, Stigmate, Logos, Collana Illustrati, pag. 200, € 20,00 stampa
recensisce ROBERTO STURM
In attesa dell’imminente uscita del prossimo romanzo di Claudio Piersanti, che mancava dalla scena letteraria da diversi anni, la Logos ha pensato bene di ripubblicare questo lavoro della coppia Mattotti & Piersanti, in un’edizione elegante e raffinata, di dimensioni più grandi delle precedenti, consentendo così di apprezzare maggiormente gli splendidi disegni.
Seguo occasionalmente il fumetto e non perché lo ritenga meno degno della narrativa o della saggistica, ma solo perché il tempo che ho a disposizione per leggere m’impone di avere delle priorità. Ci troviamo di fronte a un’opera dove l’illustrazione e il testo sono di fattura decisamente superiore, una fusione tra disegni e testi straordinaria, una simbiosi che porta il lettore dentro un vortice da cui rimane molto difficile estraniarsi.
Un quarantenne ai margini della società, un barista che si arrangia vendendo sigarette di contrabbando, dedito all’alcol e senza parenti e amici, si sveglia una mattina con il palmo delle mani sanguinanti. L’emorragia non si ferma, l’uomo si reca al pronto soccorso dove viene curato senza risultati. Quando torna, il medico esprime il sospetto che si ferisca da solo, ma altri cominciano a parlare di stimmate. La voce prende campo, i suoi vicini gli portano reliquie da benedire, i propri parenti malati da toccare, gli lasciano ceri votivi che faranno prendere fuoco alla sua casa. Intanto i clienti del bar si lamentano per i bicchieri macchiati di sangue e il suo datore di lavoro lo licenzia. La sua reazione è furiosa, colpisce duramente l’uomo che non si rivelerà uno stinco di santo. Da qui comincia il suo viaggio verso l’inferno, in un mondo che è il nostro, fatto di relitti umani, uomini e donne abbandonati a se stessi dove l’umanità sembra scomparsa dietro un velo di indifferenza e abiezione.
Il protagonista maledice le stimmate che lo hanno portato alla rovina, all’abbandono di una vita meschina ma che pur sempre vita era. E l’amore, come redenzione, come rinascita, gli viene strappato in maniera crudele, come se chi arrivasse alla soglia del baratro non avesse possibilità di rinascita. E lui continua a scendere sempre più a fondo, non riuscendo neanche a togliersi la vita per porre fine alle sue sofferenze. Il finale, che non svelo, dà alla storia altri spunti di riflessione: la fede, la religione, l’emarginazione sociale, il degrado del tessuto urbano, la disonestà e la fragilità umana non sono che alcuni degli aspetti che questa storia vuole affrontare. I disegni in bianco e nero, crudi e crudeli, a volte graffi sulla pagine, altre vortici senza fine, tirano dentro il lettore senza risparmiargli niente, con una spietatezza che spesso è quella della vita. Non aspettatevi sconti, Mattotti e Piersanti non ne fanno a nessuno.