Viaggio attorno alla Creatura di Viktor Frankenstein (e Mary Wollstonecraft Shelley)
di WALTER CATALANO
Frankenstein ha 200 anni, anche se non li dimostra. Il capolavoro di Mary Shelley, teen-ager ribelle e super vixen letteraria ante litteram, pubblicato in prima edizione anonima dalla londinese Lackington, Hughes, Harding, Mavor, & Jones il primo gennaio del 1818, rappresenta l’ultimo dei romanzi gotici pre- e protoromantici (già preludendo ad un diverso tipo di terrori, come di lì a poco avrebbe puntualizzato Edgar Allan Poe, non “della Germania ma dell’anima”), e il primo di un nuovo tipo di immaginario, cresciuto con la Rivoluzione industriale, che nel giro di pochi lustri si sarebbe definito Science-Fiction. Victor Frankenstein, il Prometeo moderno, e il suo Doppelgänger, la sfortunata creatura assemblata con pezzi di carne morta e animata con un procedimento poco chiaro che rimanda agli esperimenti elettrici praticati sui cadaveri da Giovanni Aldini, nipote di Luigi Galvani, hanno segnato profondamente l’immaginazione moderna e si sono perpetuati e rinnovati passando, in un flusso continuo, inarrestabile e fecondo, dalla letteratura ai mass media, cinema e fumetto per primi. Quest’anno di celebrazione e ricorrenza ha prodotto anche in Italia un florilegio di pubblicazioni – riedizioni, saggi, biografie – di estremo interesse per chi voglia avvicinarsi per la prima volta a questo grande classico o, già conoscendolo, voglia approfondire e vagliare nei minimi dettagli il testo e lo scenario storico e psicologico che lo hanno prodotto. Cerchiamo qui di tracciare un breve percorso orientativo fra i volumi a nostro giudizio più recenti e cospicui.
Il giudizioso lettore inizierà necessariamente il tragitto soffermandosi da principio sulla figura affascinante e straordinariamente moderna di Mary Wollstonecraft Godwin Shelley, con l’approfondita biografia La ragazza che scrisse Frankenstein: Vita di Mary Shelley, scritta dalla nota poetessa britannica Fiona Sampson e pubblicato da UTET nel settembre del 2018. Un volume curatissimo nella forma e nella sostanza che restituisce in pieno lo spirito dell’epoca e la natura libera e anticonformista di una fanciulla privilegiata, nata e cresciuta in seno al fior fiore dell’intellettualità più illuminata d’Inghilterra: il filosofo William Godwin, anticipatore del pensiero anarchico e comunista, e la scrittrice protofemminista Mary Wollstonecraft. Loro figlia, da bambina, sarà cullata sulle ginocchia di Samuel Taylor Coleridge o di Heinrich Füssli.
La natura rivoluzionaria e scandalosa, almeno per l’epoca, della “coppia aperta” instaurata, appena sedicenne, con il marito Percy Bysshe Shelley, s’accompagna al sodalizio artistico ed esistenziale con il gruppo multiplo di sodali, amici, amanti, composto da Lord Byron, John William Polidori, la sorellastra Claire Clairmont durante l’anticonformistico e talora boccaccesco Grand Tour da cui sarebbero scaturite due delle figure orrifiche principali dell’immaginario moderno: la Creatura di Mary e il Vampiro di Polidori, che con Carmilla e Dracula, avrebbero inaugurato la multimedialità passando dalla letteratura al teatro al cinema al fumetto e alla cultura popolare. I tragici lutti, due figli e lo stesso marito Percy, annegato durante una tempesta sul Mar Ligure e arso su una pira al modo pagano sulla spiaggia di Viareggio, non prostreranno l’indomita Mary che resterà però per tutta la vita legata alla memoria del grande poeta romantico, di cui curerà l’edizione completa delle opere e porterà sempre con sé in uno scrigno il cuore mummificato; non si risposerà mai più, rifiutando le proposte d’illustri pretendenti, uomini politici, attori e letterati (tra cui Prosper Mérimée).
Il volume ci accompagna fino agli ultimi anni in cui Mary, ormai matura, cederà alle interessate lusinghe di due uomini molto più giovani di lei, Alexander Knox e Ferdinando Gatteschi, che la coinvolgeranno alternativamente in intrighi politici con i mazziniani della Giovine Italia, ricatti e complicazioni sentimentali e finanziarie. Mary morirà nel 1851, di “una malattia di lunga data al cervello, presumibilmente un tumore, nell’emisfero sinistro”.
Altro testo fondamentale per avere un inquadramento completo dell’universo shelleyano è Fuoco e carne di Prometeo: Incubi, galvanisti e Paradisi perduti nel Frankenstein di Mary Shelley, di Franco Pezzini – uno dei massimi esperti contemporanei di gotico e fantastico, che sta curando analoghi saggi enciclopedici su Edgar Allan Poe, in tre volumi, e sul Dracula di Bram Stoker – volume edito da Odoya alla fine del 2017 e riccamente illustrato com’è costume delle collane della casa editrice bolognese. Secondo lo stile tipico di Pezzini, il libro è un vero e proprio vademecum che sviscera, tra appassionanti capitoli e agili box, oltre ad un puntuale commentario quasi parola per parola dell’opera, una galassia di riferimenti tematici che spaziano da Luigi Galvani a Boris Karloff, da Paracelso a Caspar David Friedrich, dalla Hammer ai Penny Dreadful, dai Luddisti alle esplorazioni polari, all’eruzione del vulcano indonesiano Tambora, alla musica frankensteiniana, compresa fra Sylvie Vartan e i Metallica passando per il Rocky Horror Picture Show e Alice Cooper.
E veniamo ora alle riedizioni del classico. Come è ben noto l’edizione canonica, normalmente in circolazione è quella del 1831, revisionata e in parte riscritta dall’autrice. La ricorrenza è stata invece un’ottima occasione per riproporre la prima edizione, quella originale del 1818, pubblicata anonima a Londra in tre tomi; al volume licenziato da Neri Pozza preferiamo di gran lunga quello “sinottico” pubblicato da Lindau – tradotto da Sara Noto Goodwell e introdotto da un’interessante prefazione di Nicoletta Vallorani – che confrontando in parallelo la prima edizione, la diciottana, e la seconda, la trentunina, offre al lettore un panorama esauriente del laboratorio di scrittura di Mary Shelley e – un po’ come emerge nel confronto fra i manzoniani Fermo e Lucia e I Promessi sposi – ci presenta due opere simili e diverse, entrambe ugualmente valide e autosufficienti. Il libro, impreziosito da un’esauriente bibliografia, è molto curato anche esteticamente: rilegato in nero orlato di rosso, con un cuore stilizzato in copertina; ricorda piacevolmente i vecchi, amati tomi – oggi difficilmente reperibili – della collana Olimpo Nero di Sugar che, nei lontani anni ’60, introdussero il Gotico in Italia.
Un altro editore che molto si è occupato di Mary Shelley e del suo Frankenstein è Nova Delphi: fin dal 2011 aveva mandato in stampa La notte di Villa Diodati, volume in cui si celebrava il fatidico gioco letterario che animò le notti gelide e piovose della gaia combriccola di intellettuali sul lago di Ginevra, affiancando in una nuova traduzione i tre parti letterari che avrebbero dovuto concorrere per attribuirsi il merito della ghost-story più terrorizzante: il Frankenstein, Il Vampiro di Polidori e il frammento incompiuto prodotto da Byron, La sepoltura; Percy Shelley, ebbro di laudano, durante la residenza fu terrorizzato da allucinazioni in cui vedeva occhi apparire al posto dei capezzoli sui seni di Mary, ma purtroppo non partecipò all’agone. Tutto questo ci viene raccontato nella splendida introduzione da un altro vate del gotico italiano: Danilo Arona, motivo in più per procurarsi il libro.
Nel 2015 l’Editore aveva poi pubblicato la traduzione, a opera di Fabio Camilletti, di Fantasmagoriana, la classica raccolta di storie soprannaturali tedesche la cui lettura nella versione francese aveva appassionato gli Shelley e compagni, ispirandoli a cimentarsi nel genere che tanto aveva arricchito di brividi le loro già movimentate notti. Il 2018 di Nova Delphi celebra invece la ricorrenza con Villa Diodati Files: Il primo Frankenstein (1816-1817), che propone il testo ancora interpolato dagli interventi, in seguito tagliati o sostituiti da Mary, del marito Percy, che dovrebbe rappresentare il vero e proprio Ur-Frankenstein: ancora più interessante risulta il ricco apparato saggistico che con la prefazione di Franco Pezzini, l’introduzione di Danilo Arona, le note di Fabio Camilletti e la postfazione di Cecilia Muratori, espongono nei minimi dettagli, interpretazioni, curiosità e aneddoti sul mitico archetipo del mad doctor e sul concepimento del mostro più famoso della storia.
Se ci è concessa in chiusura una parentesi cinematografica, nell’immenso oceano della filmografia frankensteiniana, consiglieremmo di ripescare e vedere, o rivedere, i due primi classici Universal degli anni ’30, Frankenstein (1931) di James Whale e La moglie di Frankenstein (Bride of Frankenstein, 1935) sempre di Whale, con Boris Karloff; il remake Hammer La maschera di Frankenstein (The Curse of Frankenstein) del 1957 di Terence Fisher, con Peter Cushing nel ruolo del dottore e Cristopher Lee in quelle della Creatura; Gothic (1986) di Ken Russell, sulle calde notti (e i freddi giorni) di Villa Diodati; Frankenstein di Mary Shelley (Mary Shelley’s Frankenstein) del 1994 di Kenneth Branagh, con il Dottore e la Creatura interpretati rispettivamente da Kenneth Branagh e Robert De Niro (ma per piacere, saltate il finale aggiunto che rovina tutto!); e infine il recentissimo Mary Shelley – Un amore immortale (Mary Shelley) del 2017 di Haifaa al-Mansour, con protagonista Elle Fanning nel ruolo di Mary, che mi incuriosisce ma non ho ancora visto (giuro, lo faccio appena posso !).
Questo itinerario di lettura chiude la giornata dedicata al Frankenstein di Mary Wollstonecraft Shelley, che ha visto anche la pubblicazione della recensione di una raccolta di racconti di Thomas Ligotti, uno speciale su Frankenstein nel fumetto italiano, un recupero del Frankenstein liberato di Brian Aldiss e una recensione del romanzo illustrato da Bernie Wrightson.